Conosciuta al grande pubblico per aver inventato e introdotto sul mercato Roomba, il robot aspirapolvere utilizzato in milioni di abitazioni di tutto il mondo (oltre un milione di pezzi venduti in Italia), iRobot è una casa americana con sede centrale a Bedford (Massachusetts) operante nel settore della robotica da più di trent’anni. Fondata nel 1990 da due giovani esperti di robotica dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts, Colin Angle (attuale Ceo dell’azienda) e Helen Greiner (oggi in forza a Tertill Corporation), iRobot crea robot in grado di sostituirsi all’uomo nelle mansioni più noiose e ripetitive, come le pulizie domestiche (a secco, con i Roomba, e ad acqua, con i Braava). In passato, ha anche prodotto robot capaci di svolgere compiti pericolosi che potessero mettere a repentaglio la salute e la vita degli operatori umani (operazioni militari e di ricerca). Da questo punto di vista, iRobot vanta una leadership assoluta a livello mondiale: sono stati suoi, per esempio, i robot utilizzati negli scorsi anni dalle forze armate americane sui campi di battaglia di Iraq e Afghanistan o impiegati in missioni di ricerca archeologica e scientifica.
iRobot Pyramid Rover, in viaggio fra i segreti dell’antico Egitto
Con la progettazione e la messa a punto del Pyramid Rover, iRobot ha supportato, nel settembre del 2002, ricercatori ed egittologi di fama mondiale come l’eccentrico Zahi Hawass, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità Egizie, in una delicatissima missione dentro la piramide del Faraone Khufu. Passata alla storia come la Grande Piramide o Piramide di Keope e nota per essere la piramide più alta del mondo (con i suoi 145 metri), comprende al suo interno misteriosi cunicoli, di inestimabile valore archeologico ma inaccessibili all’osservazione diretta da parte dell’uomo.
Ed è proprio per l’esplorazione di uno di questi, misteriosamente ostruito nella sua parte terminale, che la National Geographic ha ai tempi commissionato ad iRobot un prototipo robotico miniaturizzato capace di avanzare lungo un percorso angusto e con una pendenza in salita di 40°.
La realizzazione del Pyramid Rover, costata sei mesi di lavoro, ha condotto a un robot dal valore di 250 mila dollari, di dimensioni estremamente ridotte (12,7 cm di altezza per 30 cm di lunghezza), capace, nel caso specifico, di percorrere un cunicolo di sezione pari ad appena 20 cm2 e lungo 64 metri, alla velocità di 1,5 metri al minuto. Obiettivo? Perforare per mezzo di un trapano la misteriosa ostruzione di pietra e quindi svelare, mediante l’introduzione di una piccola telecamera, cosa vi fosse dall’altra parte. Diversi studiosi avevano infatti ipotizzato che quella piccola porta, data la sua natura calcarea, separava il tunnel da una camera sepolcrale. La missione da parte del robot Rover fu portata a termine con successo e precisione millimetrica, ma con grande stupore di chi ne seguì lo svolgimento (le telecamere della National Geographic Society ripresero e trasmisero l’evento in diretta televisiva) si constatò che dietro quella porta c’era una seconda occlusione posta a circa 20 cm dalla prima. Sbarramento che, a oggi, attende ancora di essere superato.
iRobot Seaglider, monitoraggio e salvaguardia degli oceani
Alla categoria degli UUV, ovvero Unmanned Underwater Vehicles (veicoli sottomarini privi di equipaggio), appartiene invece il Seaglider, nome che si potrebbe tradurre con l’espressione italiana “Atlante del Mare”. Con questo robot di ultimissima generazione, iRobot passava dagli stretti e claustrofobici cunicoli delle piramidi egiziane, all’immensità del mare e degli oceani. Sempre a fini di studio, sempre come supporto per enti e organizzazioni internazionali che, nella raccolta dei dati utili alla ricerca o all’indagine scientifica, non potevano contare sull’intervento umano.
Il Seaglider assomigliava a un piccolo missile per via del corpo idrodinamico, ma aveva un’indole tutt’altro che bellicosa. Poteva funzionare e lavorare in totale autonomia per 10 mesi, immergendosi fino a mille metri di profondità e procedendo alla velocità media di quasi un chilometro all’ora, per poi riemergere e inviare ai satelliti in orbita intorno alla Terra, attraverso un’antenna posta all’estremità inferiore, i dati rilevati nelle profondità marine.
Il suo nome ha fatto il giro della Rete essendo stato impiegato, in collaborazione con l’US Navy (la Marina Militare degli Stati Uniti) e con alcune università americane, per misurare i valori di temperatura, salinità, ossigeno disciolto e presenza di olio nelle acque del Golfo del Messico. Il tutto in conseguenza del disastro ambientale del 20 aprile 2010, dovuto al collasso della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon di proprietà della British Petroleum, che causò lo sversamento di milioni di litri di greggio, per ben 106 giorni, a largo della Louisiana. In altri termini, il disastro ambientale più grave della storia a Stelle e Strisce.